Qatar 2022, il calcio nel sedere
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Qatar 2022, il calcio nel sedere
Ero giovane (beh, che cosa sono quelle facce? Pensate ch’io sia nato vecchio bacucco?), ero un redattore del Guerin Sportivo. Poteva essere il 1984. Il mio direttore dell’epoca, Adalberto Bortolotti, mi affidò un servizio sulle “follie” del calcio italiano.
Da buon guerinetto, per spiegare l’attualità – la montagna di soldi spesi da Ferlaino (che non li aveva…) per Maradona – andai a guardare che cosa succedeva in passato. Nella collezione de Il calcio e il ciclismo illustrato, scovai un reportage degli anni Trenta: “Il calcio italiano a un passo dal baratro”. Tenete presente che in quegli anni – con la benedizione di Benito – gli Azzurri vincevano un paio di Mondiali e le Olimpiadi, quindi non si parlava di risultati.

Il tema era un altro: una volta introdotto il professionismo (tutta colpa della Carta di Viareggio, 2 agosto 1926), i club si contendevano i migliori calciatori sborsando cifre ritenute fuori dal mondo. Oggi i bilanci delle società calcistiche sembrano redatti dagli autori di Zelig, ma non è questo il problema che voglio evidenziare.
Video Killed the Radio Star
Il calcio, oggi, più che uno sport è uno spettacolo (anche quando si gioca male). Non so se è di vostro gradimento; a me, che ho avuto la fortuna di conoscere il calcio vero, dove abbondavano le persone e non i personaggi, fa schifo. Il calcio è diventata una vacca da mungere senza porsi problemi.
I primi segni di decadenza possiamo farli risalire a fine anni Novanta, inizio Duemila, quando il pallone è stato assoggettato al volere delle televisioni. Certo, è comodo guardare la partita in tivù al calduccio pure quando fa freddo, ma quello che prima era il “rito” della domenica alle 14.30 è diventato un labirinto di date e orari.
Si cominciò con l’anticipo del sabato sera e il posticipo della domenica sera, poi siamo arrivati all’attuale bordello catodico (anche se il tubo non c’è più…). Insomma, le tivù hanno versato quattrini, ma si sono impadronite del giocattolo.
E nel frattempo i presidenti, i famosi “ricchi scemi” (che poi qualcuno non è neanche ricco…) descritti da Giulio Onesti nel ‘58, hanno divorato il malloppo chiedendo sempre di più. E le tivù, fino a quando il mercato regge, soldi in più li danno, ma in cambio vogliono altro.
Pagare moneta, vedere cammelli
E siamo al Mondiale in Qatar. L’assegnazione avvenne nel 2010, quando presidente della Fifa era Joseph Blatter, il prototipo dello specchiato dirigente (non solo calcistico) moderno.
Non voglio raccontarvi la sua storia (però andatela a cercare: è istruttiva), vi dirò solo che nel 2015, quand’era ancora sullo scranno più importante del calcio mondiale, fu costretto a dimettersi dopo l’arresto di sette suoi dirigenti per corruzione e subito dopo il Comitato Etico FIFA lo giudicò, insieme a Michel Platini, colpevole di corruzione e condannò entrambi a una squalifica di otto anni (in seguito ridotta a sei).
Che cos’era successo? Che Blatter, nel 2011, aveva versato una mazzetta a Platini (presidente dell’Uefa), mazzetta che alcune malelingue pensarono fosse relativa all’appoggio della candidatura qatariota. Una montatura, s’intende, anche se le solite malelingue notarono come proprio nel 2011 la Qatar Investment Authority comprò il Paris Saint Germain, risolvendo un grave problema del calcio francese, di cui Le Roi è punto di riferimento.
Quindi si va a giocare in Qatar.
Niente importa che sia impossibile rispettare il calendario mondiale, perché giocare in giugno o luglio è impossibile: si gioca d’inverno, cazzo ce ne frega.
Niente importa che non ci sia un solo stadio a norma secondo le regole Fifa: li costruiamo tutti nuovi, cazzo ce ne frega se poi la mano d’opera sottopagata e reclutata in Paesi alla canna del gas mette in fila qualche migliaio di cadaveri.
Niente importa che il sistema legale del Qatar sia un misto di diritto civile e diritto islamico, ovvero che la lapidazione sia una punizione legale in Qatar, l’apostasia sia un crimine punibile con la pena di morte in Qatar, la blasfemia sia punibile con un massimo di sette anni di carcere e il proselitismo di qualsiasi religione diversa dall’Islam possa essere punito con un massimo di 10 anni di carcere, che l’omosessualità sia un crimine punibile in sharia dalla pena di morte per i musulmani, anche se in Qatar la pena per i maschi consenzienti consiste in una massimo di 5 anni di carcere.
Dettagli, evidentemente, perché i paladini dei diritti civili evidentemente non frequentano la Fifa.
Pecunia non olet
Per fortuna, a quanto pare, sarà possibile giocare. E allora speriamo che vinca la fresca Spagna di Luis Enrique, che il Brasile ci faccia strabuzzare gli occhi con i suoi fuoriclasse, che Messi – all’ultima chiamata mondiale – faccia qualcosa di… maradonico.
Sì, godiamoci questo Mondiale, perché l’attuale numero uno della Fifa, Gianni Infantino, che non avrà avversari per ottenere il terzo mandato, il 16 marzo prossimo, essendo l’unico candidato (?!?) ha già ufficializzato che dall’edizione 2026 la Coppa del Mondo vedrà impegnate 48 squadre al posto delle attuali 32.
Posto che non esistono 32 nazionali all’altezza di un Mondiale (guardate chi gioca quest’anno), l’aggiunta di sedici rappresentative significa una sola cosa: più partite da trasmettere, cazzo ce ne frega della qualità del gioco? Come dicevano i latini? Ah, già, “Pecunia non olet”. Però io sento ugualmente una gran puzza…